Ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti, secondo il mio vangelo, a causa del quale io soffro fino a portare le catene come un malfattore; ma la parola di Dio non è incatenata!
2 Timoteo 2:8-9
Quando l’apostolo Paolo giunge a Gerusalemme, come descritto al capitolo 21 degli Atti, si scatena un odio feroce nei suoi confronti, al punto che gli gridano contro. Come per Gesù, anche per lui Gerusalemme si rivela una città ostile. Recatosi nel tempio, viene riconosciuto, condotto fuori per essere linciato e salvato in extremis dai soldati romani. Accusato di insegnare contro la Legge e il tempio, viene arrestato. Inizia così una peregrinazione di detenuto, prima davanti al sinedrio, poi davanti al procuratore romano a Cesarea, e infine davanti al re Agrippa. Dio permise che Paolo fosse arrestato ingiustamente a Gerusalemme, e poi tenuto in prigione a Cesarea dal governatore Felice, nonostante che Felice sapeva benissimo che Paolo era innocente. Umanamente parlando, potrebbe apparire strano che Dio avesse permesso che questo prezioso strumento del Vangelo fosse tenuto in prigione per due anni. A Giuseppe in Egitto accadde qualcosa di simile. Le vie del Signore non sono le nostre vie. Dio aveva un piano più grande, nel quale era necessario che Paolo fosse mandato come prigioniero a Roma. Tutto questo Paolo non lo poteva sapere mentre era in prigione a Cesarea. Solo il tempo a venire lo avrebbe rivelato.
All’anagrafe era Saulo da Tarso, nel passato recente un persecutore oltre misura di quelli della Nuova Via, primi cristiani. Prima dell’esperienza folgorante sulla via di Damasco, un ebreo circonciso, fariseo, integralista, fanatico e violento come si presenterà successivamente (Galati 1:13). Lui stesso si definiva uno zelante persecutore (Filippesi 3:6). Ma tutto il suo passato si rivelerà utile per gli sviluppi del Regno di Dio, come la cittadinanza romana per diritto di nascita. Infatti, tornando alle vicende di Atti, Felice tenne Paolo in prigione per due anni, pur sapendo che era innocente. Lo mandava a chiamare di frequente per parlare con lui. Si aspettava però di ricevere un’offerta economica da parte di Paolo. Folle, aspettava di essere “corrotto”. Non sapeva con chi aveva a che fare. Il persecutore è ora perseguitato, offeso e maltrattato a causa di Cristo, ma non smette di testimoniare la sua fede. Quando Felice è sostituito da Porcio Festo, questi si accorge che l’apostolo è detenuto senza giusta causa, ma per fare cosa gradita ai giudei lo lascia in prigione. Paolo è chiamato a difendersi dalle accuse, e alla fine si appella a Roma. Prima di essere espatriato, Festo coglie l’occasione della visita del re Agrippa II per confrontarsi in cerca di soluzione. Davanti al re l’apologia di Paolo si muta in una efficace e potente testimonianza di fede.
Le vicende di Paolo in prigione ci raccontano di come nulla è affidato alla casualità. Ogni evento della nostra esistenza è parte del disegno divino. I governi e i governanti si succedono sulla scena condizionando la nostra vita, ma restando pur sempre artefici del volere di Dio. Paolo è in catene, ma la Parola è libera! Anche noi abbiamo ricevuto il mandato di annunciare l’evangelo in ogni luogo e in ogni tempo, a chi ci presta ascolto e a chi si mostra oppositore o tenta di zittirci. Lo scopo è sintetizzato in queste parole “per aprir loro gli occhi e convertirli dalle tenebre alla luce e dalla potestà di Satana a Dio, affinché ricevano mediante la fede in me il perdono dei peccati e un'eredità tra i santificati” (Atti 26:18). Una Parola libera non temerà di dire che le persone sono colpevoli davanti a Dio, e che essendo sotto il potere di Satana hanno bisogno di liberazione e perdono. Sforziamoci di proclamare la morte e la risurrezione di Gesù, perché è per mezzo del Suo sacrificio e della Sua risurrezione che esiste il perdono. La salvezza richiede il ravvedimento, insieme alla fede. E la conversione manifesta sempre opere degne di ravvedimento. “Questa parola è sicura e degna di essere pienamente accettata, che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. Ma per questo mi è stata fatta misericordia, affinché Gesù Cristo facesse conoscere in me, per primo, tutta la sua clemenza, per essere di esempio a coloro che per l'avvenire avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna” (1 Timoteo 1:15-16). Questo è il vangelo del quale non ci vergogniamo.
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 07
12 febbraio Levitico 13; Matteo 26:26-50
13 febbraio Levitico 14; Matteo 26:51-75
14 febbraio Levitico 15-16; Matteo 27:1-26
15 febbraio Levitico 17-18; Matteo 27:27-50
16 febbraio Levitico 19-20; Matteo 27:51-66
17 febbraio Levitico 21-22; Matteo 28
18 febbraio Levitico 23-24; Marco 1:1-22